zoom fatigue testata
Video conferenze e affaticamento da Zoom

Perché le videoconferenze ci sfiniscono così tanto e cosa possiamo fare per vivere al meglio lo smart working senza lasciarci sopraffare.

Qualche consiglio per sopravvivere alle video conferenze

L’affaticamento da Zoom è quel senso di stanchezza e vuoto che proviamo dopo interminabili giornate di lavoro in web conference. Esistono buone prassi individuali e aziendali per rendere il lavoro a distanza davvero smart?

A poco più di un anno dall’inizio della pandemia, che ha obbligato molti uffici a ridurre il numero dei collaboratori in presenza, le modalità di lavoro sono profondamente cambiate. Il lavoro a distanza e le video call sono ormai entrate a far parte della quotidianità di molte persone. Il ricorso a strumenti di video conferencing come Zoom - uno dei più diffusi durante il lockdown - è ormai sistematico, con importanti effetti sulle persone e sul loro modo di vivere la routine lavorativa.

Tra questi effetti c’è il senso di stanchezza e vuoto provato da molti a causa della sostituzione delle videochiamate alle interazioni reali, che è ormai conosciuto col termine di Affaticamento da Zoom. Quando si è iniziato a parlarne, già nei primi mesi di lockdown del 2020, gli esperti di interazioni tra esseri umani e tecnologia hanno cominciato a studiare il fenomeno in modo scientifico.

Un gruppo di ricercatori guidato da Geraldine Fauville della University of Gothenburg ha creato una scala per misurare l’affaticamento, chiamato Zoom Exhaustion and Fatigue Scale, o ZEF. Con un sondaggio pubblico, che ha raccolto oltre 10.000 risposte, è stato possibile misurare la fatica delle persone sulla scala ZEF, e raccogliere statistiche demografiche sul campione e dati su quanto tempo ogni persona passa in web conference.

Questo studio ha permesso di delineare un quadro abbastanza chiaro del fenomeno, da cui sono emerse disparità tra gruppi diversi di persone, ad esempio in base al genere e all’età, con un impatto negativo più evidente tra le donne e i giovani.

“Affaticamento da Zoom” è un termine ormai noto e ampiamente studiato con cui si indica la sensazione di stanchezza e vuoto causata dalle lunghe sessioni di videoconferenze negli ambienti di lavoro e anche al di fuori di essi.

Affaticamento da Zoom

Perché le persone provano l’affaticamento da Zoom?

Gli studi hanno evidenziato alcuni meccanismi legati al verificarsi dell’affaticamento da Zoom: carico cognitivo derivante dalla produzione e interpretazione di segnali non verbali, sensazione di essere intrappolati fisicamente, effetto-specchio e iper-sguardo.

Le ragioni dell’affaticamento da Zoom sono molteplici, correlate sia al modo in cui le interazioni avvengono in video, sia alle circostanze in cui questa modalità di lavoro è diventata abituale, cioè durante una pandemia che ha letteralmente costretto molte persone in casa.

Parlando delle circostanze, il contesto pandemico ha fatto percepire maggiormente gli aspetti di obbligatorietà del lavoro agile rispetto ai vantaggi che il ricorso saltuario a questa modalità porterebbe in condizioni standard. Se normalmente valuteremmo solo i benefici di tale forma di lavoro, ad esempio, a livello di risparmio di tempo e risorse per gli spostamenti o maggior possibilità di collaborazioni a lunga distanza, in questo contesto di emergenza gli aspetti negativi si sono fatti più pressanti: essere obbligati a rimanere in casa, magari gestendo contemporaneamente il lavoro di cura dei figli; la mancata separazione tra contesti sociali diversi come amici, famiglia e lavoro, fondamentale per il nostro benessere psicofisico; la pressione a performare sempre di più data dalla paura delle conseguenze economiche della crisi in atto; il senso di isolamento e solitudine vissuto da molte persone che, lontane dalle interazioni sul luogo di lavoro, hanno praticamente visto annullarsi le occasioni di socialità.

Tornando invece alle modalità di interazione in video, gli studi condotti hanno evidenziato alcuni meccanismi della comunicazione in teleconferenza che sono strettamente legati al verificarsi dell’affaticamento da Zoom: carico cognitivo derivante dalla produzione e interpretazione di segnali non verbali, sensazione di essere intrappolati fisicamente, effetto-specchio e iper-sguardo.

In primo luogo, l’interazione in video, in cui sono visibili solo le spalle e la testa dei colleghi, limita fortemente l’interpretazione naturale dei segnali non verbali, comportando un grande dispendio di energie mentali nel trasmettere e interpretare i segnali del linguaggio del corpo, le espressioni facciali, il tono di voce e, conseguentemente, gli stati d’animo.

In secondo luogo, durante le videochiamate le persone hanno riferito di sentirsi intrappolate in un punto preciso per rimanere nel campo visivo della webcam. Questa sensazione di costrizione aumenterebbe quindi il loro livello di stress.

C’è poi l’effetto specchio, determinato dal fatto che molti strumenti di videoconferenza mostrano agli utenti la propria finestra video per impostazione predefinita. Secondo le ricerche, vedere costantemente la propria immagine in tempo reale può causare ansia e distrazione. Sempre preoccupati di come appariamo agli altri, subiamo infatti una forte pressione sociale e lo stress dell’autovalutazione, sprecando energie mentali preziose a discapito del nostro benessere.

Infine, la ricerca parla di iper-sguardo, cioè la sensazione di essere costantemente guardati da tutti, dal momento che il display della videoconferenza mostra tutti i partecipanti che rivolgono lo sguardo verso le loro telecamere. Questa sensazione spiacevole è ancora più forte nelle conversazioni tra solo due persone, in cui il volto appare ancora più grande e dà la sensazione di essere a meno di mezzo metro di distanza. Questa prossimità fisica con lo sguardo fisso negli occhi dell’altra persona viene percepita dal nostro cervello come una situazione anomala, perché dal punto di vista evolutivo si verifica solo in caso di conflitto o accoppiamento, quindi ancora una volta l’interazione in video causa stress cognitivo esulando dalle normali dinamiche a cui siamo abituati.

C’è poi un altro aspetto di cui tenere conto, cioè il fatto che la tecnologia ci mette sempre sotto pressione, rendendo più stressante anche la gestione dei silenzi, che in una conversazione faccia a faccia creerebbero invece il giusto ritmo naturale dell’interazione. Il silenzio in video ci mette a disagio: uno studio del 2014 ha mostrato che basta un ritardo di 1,2 secondi nel sistema di videoconferenza a far percepire l’interlocutore come meno amichevole o concentrato.

Gli studi in materia ormai sono molteplici e contribuiscono a dimostrare che quando si interagisce attraverso lo schermo il cervello si deve sforzare molto di più per interpretare la situazione nella sua complessità, con conseguenze negative sugli esiti dell’interazione stessa e sullo stato psicologico degli interlocutori.

New Yorker Cartoons

“My God . . . those meetings really could all have been e-mails.”
(da The New Yorker)

Come migliorare le interazioni di lavoro in video conferenza?

Le strategie per ridurre l’affaticamento da Zoom e migliorare le interazioni video, sia dal punto di vista del benessere personale sia dell’efficacia comunicativa, sono diverse e possono essere messe in pratica dagli individui interessati. Come suggerisce l’autrice dello studio precedentemente citato, però, sarebbe auspicabile che, grazie ad una maggior consapevolezza su questi fenomeni, fossero sviluppate nuove policy aziendali per regolamentare il lavoro agile allo scopo di proteggere i lavoratori dai suoi aspetti più problematici. Alla luce del fatto che essi, secondo lo studio, penalizzano determinate categorie di persone come le donne, l’adozione di protocolli condivisi aiuterebbe inoltre a diminuire le disuguaglianze.

Fatta questa importante premessa, vediamo quali sono i suggerimenti degli esperti per vivere con maggior serenità ed efficienza le video chiamate:

Il primo studio su larga scala sull’effetto delle videoconferenze suggerisce che siano i datori di lavoro a intraprendere misure per ridurre gli effetti dell’affaticamento sulle persone e ridurre in tal modo anche le disuguaglianze tra diversi gruppi di persone in relazione ad essi. Intanto possiamo mettere in pratica, per quanto possibile, gli accorgimenti suggeriti dagli esperti.

Fonti:


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